"Orient-Express", versione C, p.2, r.62-74, r.83-90
Tra le tante cose inutili, amare o tragiche che / s'imparano, c'e ra anche questa: che le morti e le assenze non / hanno gradazione logica. Nessuno ci avverte di quale saranno / i "fatti", "le morti" che sradicano il nostro corpo dal suo passato, dal / tran-tran del tempo che accumula mucchi sempre più alti di noi / stessi. Con un furto imprevisto, mai immaginato, ci viene sottratto / all'improvviso il nostro spessore fisico, il nostro corpo come è stato, / ora per ora, anno per anno modificato per natura, per moda, per / gioie, per dolori. Una spinta violenta sbalza via dal patrimonio del / passato e piega di forza a capire finalmente che cos'è la vecchiaia, / in che cosa consiste il suo buio. In altre parole, aveva capito quale / perfido sortilegio stava per accadere. Un salto pauroso verso zone / considerate remotissime, la terra dei sopravvissuti. [...] L'archivio dell'amicizia, cioè della / giovinezza, cioè della vita. Nessuno ci sta attento: all'improvviso / quest archivio affidato alla fallacità della nostra durata svanisce / nel niente. Il nostro spessore sedimentato in vari decenni se ne va. / Si resta tagliati davanti a una lavagna sulla quale c'è da / segnare solo ciò che siamo un giorno per volta. Dietro, proprio / come in un'aula, appare un muro nudo. La profondità dello spazio / è perduta con qualcuno che c'era e oggi non c'è più.