Prodotti
Edizione critica indica in genere tanto l’esercizio dell’analisi critico-testuale, secondo metodi e tecniche consolidati, quanto il risultato finale di tale attività (Bentivogli / Vecchi Galli 2002: 192). In presenza di testi antichi, giunti per trasmissione manoscritta in una o più copie tra loro divergenti e spesso danneggiate, il metodo generalmente più praticato è quello lachmanniano[12] o stemmatico. In assenza di originale, l’obiettivo è approssimarsi a esso quanto più possibile, attraverso la recensio (collazione dei manoscritti in rapporto a un testo base e determinazione dei rapporti di parentela) e la emendatio (correzione degli errori in base allo stemma o per congettura); nell’ultima fase, la dispositio (presentazione e pubblicazione del lavoro svolto), il testo ristabilito è accompagnato da un’introduzione che elenca, riassume e motiva le scelte fatte dall’editore e da un apparato critico con le lezioni accolte e le varianti (positivo) o solo le varianti (negativo).
A tale metodo viene però attribuita un’eccessiva soggettività nella valutazione delle varianti; soluzioni alternative propongono Bédier[13] , che opta invece per scelta del bon manuscrit (il codex optimus dei filologi medievali) e dunque per la pubblicazione di una sola lezione, e Quentin[14] , che preferisce effettuare la collazione in base al principio di variante ortografica[15] e secondo metodi statistici, pur riprendendo il metodo di Lachmann in fase conclusiva. Lungo il solco bédieriano di ecdotica fedele alla materialità del manoscritto, si inseriscono negli anni ‘80 le teorie di Cerquiglini (1989). E sulla scia di Cerquiglini sono, a loro volta, i teorici della cosiddetta New Philology, al centro di un acceso dibattito sui metodi tradizionali della filologia tra gli anni ‘80 e ’90[16].
In una prospettiva invece molto vicina al Lachmann – ma anche a Quentin[17] – si mantiene Peter Robinson con la sua proposta di New Philogeny. Ispirandosi a un software impiegato nella biologia evolutiva per stabilire rapporti tra specie diverse in base al genoma, il critico inglese realizza il programma Collate per ricostruire i rapporti tra manoscritti.
La varietà di modalità e di supporti che il processo di produzione e fruizione testuale ha assunto nel corso del tempo ha conseguenze rilevanti sull’attività critica del filologo: questa si può infatti svolgere su oggetti diversi, analizzabili con obiettivi e metodi molto differenti, col risultato di produrre, inevitabilmente, varie tipologie di edizione critica. Ciò resta vero (e anzi, è semmai amplificato) anche in ambito elettronico. Ci sembra dunque fondamentale distinguere i prodotti della filologia digitale in base alle forme e caratteristiche che assumono, qui suddivise in quattro categorie generali. Nella prima raccogliamo le edizioni testo e/o immagine, ovvero riproduzioni digitali di solo testo critico, di sole immagini di documenti originali, o di entrambi. La seconda raggruppa le edizioni scientifiche, siano esse in HTML, a base automatica per l’impiego di software di collazione e analisi linguistica, genetiche, codificate secondo lo standard internazionale della TEI o con altri linguaggi di marcatura. Con la terza facciamo riferimento agli archivi multimediali, dedicati a un singolo autore o misti, con testi in HTML o marcati.
Nell’ultima, infine, includiamo le pubblicazioni collaborative attraverso il Web, si tratti di svolgere analisi critico-testuale, seguire corsi, creare infrastrutture di supporto per studiosi del testo. All’interno di queste quattro categorie distingueremo sulla base del supporto o destinazione finale: pubblicazione offline e online. Nel primo caso l’edizione è fruibile su un CD-ROM, un prodotto molto vicino al libro per il fatto che è chiuso, in qualche modo tangibile (Roncaglia 1997) e commercializzabile. Nel secondo caso la finalizzazione dell’edizione al Web determina maggiori duttilità e apertura (work in progress), immaterialità, gratuità di fruizione[18].
[12] Sulla ‘paternità’ del Lachmann valgano le osservazioni di Antonelli 1985: 148
[13] Quello di Bédier non è semplicemente un metodo alternativo, ma il polo opposto di Lachmann, tanto che l’ecdotica ancora oggi risulta essere bipartita tra lachmanniani e bédieriani. Tale dicotomia sembra tuttavia ormai superata in Italia, soprattutto grazie alla revisione del metodo di Lachmann operata da Contini in una prospettiva definita ‘neolachmanniana’, cfr. Antonelli 1985: 193-195, e Tavani 1997: 23-25
[14] Fondamentale per la filologia elettronica, perché costituisce la base metodologica dei pionieristici esperimenti di collazione automatica di Froger e Zarri.
[15] “[…] è il solo che possa prescindere al momento da un valutazione preliminare delle varianti” (Antonelli 1985: 172).
[16] Per questo si veda la Parte II di Scrittura e filologia nell’era digitale.
[17] Soprattutto nell’impostazione di collazione per accordi o differenze.
[18] Si registrano casi di edizioni elettroniche o progetti in cui l’accesso è ristretto parzialmente (si veda l’esempio della Keio Gutenberg Bible) o totalmente (Priceton DanteProject, http://etcweb.princeton.edu/dante/index.html), ma solo per tutelare il copyright della ricerca scientifica.